Alekos Panagulis, simbolo della resistenza contro il regime dei colonnelli in Grecia, fondatore e leader di Resistenza greca, fu incarcerato e condannato a morte dopo un attentato fallito contro il dittatore Papadopulos nell'agosto del '68. Dopo la sospensione della condanna a morte trascorse cinque anni in carcere in condizioni durissime, tornato in libertà in seguito a un'amnistia si occupò di documentare i rapporti fra il governo della nuova Grecia democratica e il passato regime; morì in un incidente d'auto appena due giorni prima della presentazione dei documenti in parlamento. La sua storia è magistralmente raccontata nel libro "Un uomo" di Oriana Fallaci, che gli fu compagna negli ultimi anni della sua vita. Negli anni di prigionia scrisse molte poesie che furono pubblicate nelle raccolte "Altri seguiranno" (1972) e "Vi scrivo da un carcere in Grecia" (1974).
VIAGGIOAlla mia amata Oriana Fallaci Viaggio per inesplorate acque su una naveche, come milioni di altre simili, peregrina per oceani e mari su rotte regolari E altre ancora (molte, davvero molte anche queste) gettano l'ancora nei porti. Per anni ho caricato questa nave Con tutto quello che mi davano e che prendevo con enorme gioia E poi (lo ricordo come fosse oggi) la dipingevo a tinte sgargianti e stavo attento che non si macchiasse in nessun punto La volevo bella per il mio viaggio E dopo avere atteso tanto -proprio tanto Giunse alla fine il momento di salpare E salpai... (Nave io e capitano ed equipaggio per trovarti fammi a pezzi ma non farmi sanguinare il corpo) Quando mi trovai in mare aperto onde immense mi travolsero e mi straziarono per rivelarmi amare verità che ignoravo Verità che dovevo imparare Nell'abbraccio dell'oceano con un lungo furente fragore la solitudine divenne per me faro del pensiero indicando strade nuove Il tempo passava e io iniziavo a tracciare la rotta ma non come mi avevano insegnato al porto (anche se la mia nave mi sembrava diversa allora) Così il mio viaggio ora lo vedevo diverso senza più pensare a porti e commerci Il carico mi appariva ormai superfluo Ma continuavo a viaggiare conoscendo il valore della nave conoscendo il valore della merce E continuo ancora il viaggio che scricchiolino incessantemente le giunzioni sperando che non si spezzino perché sono legni marci da anni (secoli dovrei dire) verniciati di recente ma senza una forza nuova che li tenga uniti la rotta sempre contro il tempo nella stiva solo zavorra Zavorra che mi dissero merce preziosa, come quella che di solito si compra nei porti Ma se dicessi che mi hanno ingannato non sarei onesto osservo la bussola senza sosta con accanto la mappa su cui studio la rotta lontano dai porti che segnalano il passaggio Quando poi succede che splendano (che istanti difficili!) all'orizzonte i porti della terra l'equipaggio guarda le luci (luci sirene che promettono molto che anche il cuore e la carne pretendono) sempre aspettando che dica al timoniere di far virare la nave E attraccare almeno un poco Mentre l'ora trascorre e io osservo silenzioso la carta tutt'intorno cresce il tumulto Proposte subdole vestite con idee idee vendute che vogliono sempre aornare l'inazione con le parole e minacce che vogliono passare per consigli e promesse che tentano la bestia e la risvegliano... Quelle sono ore difficili Perché da ognuna di loro Dipende l'intero viaggio E continuo ancora il viaggio Desideri radicati nell'anima sono diventati bussola per la mia nave la mia mappa altrettanto misteriosa Ci sono ore in cui credo che sia stata fatta per chi non voglia approdare in nessun porto e altre ore in cui confido che il viaggio avvenga perché su questa carta bisogna trovare qualche cosa che manca Così vado alla ricerca guardando la mappa la bussola il cielo in cielo, rintracciare segnali nuove prove che dimostrino che la bussola non sbaglia nel segnare Non stupirti, questo non significa che io abbia dei dubbi sulla mia bussola E' solo un'abitudine- una vecchia abitudine che per secoli accompagnava l'anima questa compagna preziosa per i tempi bui quando c'erano soltanto i semi nell'anima degli amori che ora sono fioriti E vado alla ricerca Guardando la mappa la bussola il cielo Le onde immense sembra che cerchino di fare il gioco di chi vuole che attracchi da qualche parte per un po' E' ognuna di quelle onde un Golgota e pensa che la tempesta imperversa ininterrotta Ma mentre aumenta temo sempre più che la spaventosa furia del mare mi conduca ad avvistare porti là sulla costa porti che la mia mappa non indica Sono ostacoli e momenti difficili l'abbiamo detto l'equipaggio comincerà a ribollire quando quei porti appariranno sulla costa E continuo il viaggio alla ricerca ancora pur sapendo di essere nell'infinito del tempo un istante nell'abisso dello spazio un puntino E continuo il viaggio anche se sono tenebra e tutto attorno a me è tenebra e la tempesta lo rende più spaventoso E continuo il viaggio e mi basta che io tenebra abbia amato la luce Dicembre 1971 " L'abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. (...) La sera in cui avevi rinunciato a tentare di nuovo la fuga era successo ben questo. Era successo cioè quel che non avresti mai creduto possibile: gli spazi aperti e il verde e l'azzurro e la gente non ti mancavano più. (...) E tuttavia esisteva qualcosa che l'abitudine al buio, alla mancanza di spazio, alla monotonia non avevano spento: la tua capacità di sognare, di fantasticare, e di tradurre in versi il dolore, la rabbia, i pensieri. Più il tuo corpo si adeguava, si atrofizzava nella pigrizia, più la tua mente resisteva e la tua immaginazione si scatenava per partorire poesie. Avevi sempre scritto poesie, fin da ragazzo, ma fu in quel periodo che la tua vena creativa esplose: incontenibile. Decine e decine di poesie. Quasi ogni giorno una poesia, magari breve. Le scrivevi anche se Zakarakis ti sequestrava la carta e la penna, perché allora afferravi una lametta che tenevi da parte per questo, ti incidevi il polso sinistro, inzuppavi nella ferita un fiammifero o uno stecchino, e scrivevi col sangue su ciò che capitava: l'involucro di una garza, un pezzetto di stoffa, una scatola vuota di sigarette. Poi aspettavi che Zakarakis ti restituisse la carta, la penna, copiavi con calligrafia minutissima, attento a non sprecare un millimetro di spazio, piegavi il foglio ricavandone strisce sottili, e lo mandavi nel mondo a raccontare la fiaba di un uomo che neanche nell'abitudine cede. Gli stratagemmi erano vari: buttare i nastrini di carta nella spazzatura perché una guardia amica li raccogliesse, infilarli nelle cuciture dei pantaloni che mandavi a casa per lavare, farli scivolare addosso a tua madre quando veniva a trovarti. Prima però imparavi i versi a memoria, onde prevenirne lo smarrimento o la distruzione, e che battibecchi quando Zakarakis pretendeva di leggerli per censurarli o approvarli. "Dove li hai messi? Dammeli! Non lo sai che in carcere il direttore deve censurare qualsiasi scritto?" " Lo so ma non posso darteli, Zakarakis. Li ho chiusi nel mio magazzino." "Quale magazzino?! Voglio vedere il magazzino!" "Eccolo qui, Zakarakis" E indicavi la testa. " Non ci credo, fottuto bugiardo, non ci credo!" Avrebbe dovuto, al contrario, perché in quel magazzino avremmo trovato, anni dopo, tutte le poesie perdute o distrutte: per pubblicarle in un libro che molti pensavano fosse l'inizio di una carriera letteraria."(Oriana Fallaci - Un uomo) GREGGESenza una propria opinione una volta gridando osanna e l'altra al contrario con foga crocifiggeteLo ora Dicembre 1971 Alekos Panagulis con Oriana Fallaci TEMPO DI COLLERAinsulti viventi alla vita assassini de vostro stesso pensiero manichini antropomorfi Voi che invidiate le bestie che offendete l'idea del Creato che chiedete rifugio all'ignoranza permettete alla Paura di farvi da guida Voi che avete dimenticato il Passato che vedete il Presente con occhi appannati che non avete interesse per il futuro che respirate solo per morire Voi che solo per gli applausi avete mani e che domani applaudirete più forte di tutti come sempre e come ieri, e come oggi Sappiate allora voi scuse viventi di ogni tirannia che i tiranni li odio tanto quanto ho nausea di voi Giugno 1971 ASPETTO DEL DOLOREA Lady Fleming Il pensiero ora non mi parlail cuore neanche Forse sono stanchi forse non hanno niente da dire forse sono aridi E il silenzio (che somiglia alla morte) chiedono di soffocare grida inarticolate Dove germogliavano figure dipinte (immagini di vita) ora si proiettano ombre terrificanti Sono strane ombre il loro schema cambia senza sosta come se ballassero su un motivo (un motivo senza ritmo) scandito da grida inarticolate Assurdo tutto questo Forse E' un'altra forma del dolore Forma Che fino a ieri non conoscevo Settembre 1971 (Durante uno sciopero della fame e dopo il fallimento di un tentativo di fuga, quando ho saputo che Lady Fleming era stata arrestata.) DELIRIOnon scordare che vissero anche loro pieni di sogni e di speranze proprio come i vivi ora Dalla stessa strada che percorri essi passarono e andando non pensavano alla tomba Erano pochi come oggi a meditarla I più credevano loro scopo la vita nè mai riuscirono a pensare che solo il passato è esistenza Dissiparono il tempo in cui comparvero vili e incapaci di trovare Dio e credettero in idoli già eretti da quanti erano vissuti prima Quanti avevano creduto di trovare Dio vestito in forme umane perchè abbagliati dalla luce dei pochi che volevano trovare il balsamo della conoscenza Quei pochi essi li credettero dei ma non seppero avvertire il dono che lasciavano alla vita E quei pochi passarono e gli altri sotto mentite spoglie li ricordano Esistono quei pochi e gli altri non lo sanno I Pochi vengono ma Non li aspetta nessuno Come diventa sempre più difficile l'avanzare E se tu vuoi trovarti tra quei Pochi sappi che diventerai compagno della solitudine Che da solo parlerai piangerai e ti arrabbierai Più tardi piangerai e ti arrabbierai soltanto Più tardi ancora penserai solamente e piangerai Quando sarai laggiù sappi che dopo troverai la verità o la pazzia Forse sono due cose uguali ma tu spera Febbraio 1971 NEMESINemesi Non dimenticare Non dimenticare mai Non devi dimenticare Marzo 1971 "Ti ho amato al punto di non poter sopportare l'idea di ferirti pur essendo ferita, e amandoti ho amato i tuoi difetti, i tuoi errori, le tue bugie, le tue bruttezze, le tue contraddizioni, il tuo corpo. E forse il tuo carattere non mi piaceva, nè il tuo modo di comportarti, però ti ho amato di un amore più forte del desiderio, più cieco della gelosia: a tal punto implacabile, a tal punto inguaribile, che ormai non potevo più concepire la vita senza te. Ne hai fatto parte quanto il mio respiro, le mie mani, il mio cervello e rinunciare a te è stato come rinunciare a me stessa, ai miei sogni, alle mie illusioni, alle mie speranze, alla vita! E quest'amore è stato una malattia, e di tale malattia potevo elencare tutti i segni, tutti i fenomeni. Un amore simile non è stato nemmeno una malattia... è stato un cancro! Un cancro che a poco a poco invade gli organi interni col suo moltiplicarsi di cellule, il suo plasma vischioso di male, e più cresci e più diventi cosciente che nessuna medicina può arrestarlo, nessun intervento chirurgico può asportarlo, forse sarebbe stato possibile quando era un granellino di sabbia, un chicco di riso, una vocina che grida, un amplesso mentre il vento fruscia tra i rami d'olivo, ora invece non è possibile perchè ti ruba ogni organo, ti divora a tal punto che non sei più te stessa ma un impasto fuso con lui, un unico magma che può disfarsi solo con la morte, la sua morte che sarebbe anche la tua morte, così tu mi hai invaso e così tu mi stavi divorando" (Oriana Fallaci - Un uomo) |
Panagulis riceve un'onorificenza a palazzo Medici "Ogni tuo gesto è un ingenuo trasporto d'amore, una goffa preghiera di essere amato, e la spavalderia di prima s'è dileguata. Ti cade la forchetta, ti cade il cucchiaio, e d'un tratto arrossisci come un bambino, mi porgi il regalo tenuto da parte per il mio ritorno: un foglio spiegazzato, coperto da una calligrafia minutissima. "Alekos! Cos'è?" "La poesia che preferisco, Viaggio. Te l'ho dedicata, guarda: c'è il tuo nome ora per titolo." Poi me la traduci con quella voce che sventra l'anima. (...) Qui ti interrompi, mi spieghi che il viaggio è la vita, che la nave sei tu, una nave che non ha mai gettato l'ancora, che non la getterà mai, né l'ancora degli affetti, né l'ancora dei desideri, né l'ancora di un meritato riposo.Perchè non ti rassegnerai mai, non ti stancherai mai di inseguire il sogno. E se ti chiedessi che sogno non sapresti rispondermi: oggi è un sogno cui dai nome libertà, domani potrebb'essere un sogno cui dare nome verità; non conta che siano o non siano obiettivi reali, conta rincorrerne il miraggio, la luce." (Oriana Fallaci - Un uomo) Alekos insieme a Oriana Fallaci DEVI VIVEREchiedi come cibo la nostra carne e per bere vuoi il nostro sangue e le nostre lacrime, te li daremo Devi vivere Dicembre 1971 RICORDASono scritti con le scritte della Lotta a quanti verranno dopo di me ricorda tutti gli istanti che ho vissuto qui dentro Se i miei pugni adesso non piegano le sbarre e se il sangue che gocciola è il mio sangue Non è questo che mi fa vergognare Non hanno sangue le sbarre Diglielo tu Le sbarre erano dure deboli i miei pugni E per i giorni che mi hai visto soffrire la fame Tanti giorni E per i miei occhi che hai visto piangere e le mani contratte E per quanto ho lottato contro la morte (ospite così subdola nella mia cella) E per le ore di solitudine infinita E i giorni gelati dell'Inverno E per gli scatti d'Ira e soprusi e il dolore E per i tanti sforzi e i bruciori incessanti della febbre E per il mio disprezzo Che così evidente dimostro ai tiranni Ricorda Non c'è istante che voglio che si dimentichi E non c'è un istante che mi vergogni Giugno 1971 Alekos insieme a Oriana Fallaci SCINTILLEOgni scintilla promessa di fuoco E ci sono migliaia di scintille Qualcuna di queste accenderà il fuoco Giugno 1973 LA TINTAHo dato voce ai muri gli ho dato voci perché mi facciano un po' di compagnia I secondini cercano e ricercano dove ho trovato la tinta I muri della cella tengono il segreto i mercenari frugano e rifrugano E lo stesso non trovano la tinta Non gli è venuto in mente di frugarmi le vene Giugno 1971 ANDIAMO AVANTIVestiti di ferite -vecchie e nuove- e caricati con le ferite dei morti andiamo avanti Invece di trombe lamenti di dolore invece di armi ossa di amici uccisi Nel sangue che battezza le bandiere -simboli della lotta- e sventolano al vento dell'ira Nere ali di falchi neri nascondono il sole Indecifrabili grida minacce e minacce nell'oscurità E noi colpiamo l'oscurità -ossa di amici le nostre armi- e alle minacce rispondono le ferite sputando sangue e andiamo avanti... 1971 L'OMBRAAmai tanto la luce Che riuscii ad accendere una candela ma sprecai quella piccola luce Ma prima di provarne gioia disperato ebbi la sensazione di proiettare anche altrove un buio pesante Perché la stessa luce che io trattenevo con l'ombra del mio corpo colmava di buio le mie strade Febbraio 1971 GLI INGRANAGGIChe tristezza per coloro che accettarono Di essere gli ingranaggi di una macchina Credendo che fosse la loro voce I monotoni rumori della macchina Che orrore quando vedo mani senza testa muovere la macchina con movimenti ritmici, gli stessi, che una voce di altri comanda Che inaudito schifo osservare occhi e bocca di chi per conto di altri parla e guarda anche loro ingranaggi della macchina Che odio infinito per chi uccide con mani altrui quando con carne costruisce ingranaggi scavando una fossa per la vita Che amore, culto, ammirazione verso coloro che si battono sempre perché scoprano voce gli ingranaggi e nella vita trovino uno scopo Luglio 1971 GLI SPETTATORISacrifici vestiti con begli inni ignoranza nascosta in tante conoscenze bugie che amarono tutti gli uomini Opera che fu recitata da secoli e ora le stesse parole le stesse figure e sono comparse gli spettatori Grano e olio e vino luce e incensi vesti d'oro e preghiere Chiese e altari e simboli e come comparse sempre gli spettatori Natale 1971 IL PROGRESSOC'erano schiavi un tempo Oggetti di carne Animali con due piedi che nascevano e morivano servendo bestie con due piedi Sì c'erano schiavi un tempo che in vita li teneva la speranza della Libertà Anni e anni sono passati e adesso quegli schiavi non esistono più Ma è nato un nuovo genere di schiavi Schiavi pagati Schiavi saziati Schiavi che ridono Schiavi che vogliono Rimanere schiavi Questo è il Progresso! 1972 AVANTI I MORTIDedicata agli studenti e agli operai morti Portabandiera senza fine della Lotta e dopo di noi Ansiosi di innalzare gli stendardi Un intero popolo Morti e vivi insieme e un solo scopo lo stesso sempre che nebbia ai tempi oscuri ci accese il primo fuoco per entrare nel sentiero della Storia Luglio 1971 |
IL MIO INDIRIZZOUn fiammifero come penna sangue colato sul pavimento come inchiostro l'involucro dimenticato di una benda come pagina bianca Ma cosa scrivo? Forse ho solo tempo per il mio Indirizzo Strano, l'inchiostro si è rappreso Vi scrivo da in carcere in Grecia Giugno 1971 QUARTINE D'AUTUNNOE' diventata dura la vita non si riesce a trovare neanche un Cristo chi crocifiggeremo? Sono nato senza che sapessi il perché piangendo ho affrontato il mondo ora muoio sapendo il perché senza piangere Gennaio 1972 Una tesi di laurea su Alekos, un'occasione per saperne di piu'! ANNAFFIALONon piangere per me sappi che muoio non puoi aiutarmi Ma guarda quel fiore quello che appassisce, ti dico Annaffialo Settembre 1971 Eletto in parlamento col partito Unione di Centro nel'74 COSTRUISCOIstante non resta per riflettere Giorno e notte costruisco la Risurrezione Costruisco abbattendo Ottobre 1969 (Scritta nei giorni in cui scavavo con un cucchiaio il muro della mia cella.) TRISTICOe ricorda sempre le fiaccole Forse un giorno si spegneranno le luci 1971 VERRA' IL TEMPO      occhi torbidi       pugni chiusi       Niente luce       Lampi da qualche parte       dentro i cuori       ma di luce non ne esce       tuoni singhiozzi       Fuoco si accenderà       verrà il tempo       da carne e sangue       nasce la luce Agosto 1971 LUCE IN NESSUN POSTOVuoto Il terrore incerto vi si lancia Silenzio per un poco Grida lo affogano Luce in nessun posto Aprile 1971 Alekos con uno dei nipoti di Oriana Fallaci SCENE - MEMORIELegato mani e piedi a un letto di ferro e le catene costringono il corpo all'immobilità Corvi attorno a me vogliono straziarmi Sono schiavi dei tiranni e hanno sembianze umane Con legni percuotono le piante dei miei piedi mi spengono sigarette sul corpo sul mio viso insanguinato appoggiano le canne delle loro pistole e urlano senza fine Mi insultano e gridano minacce Loro che hanno disertato chiamano me disertore Loro che hanno tradito dicono a me traditore Loro su cui il Popolo sputerà domani sputano su di me Mi chiamano puttana incapaci di vedere la forza interiore e la verità nelle ingiurie e nell'ira di me incatenato Mi chiamano puttana e la frusta lascia segni sul mio corpo ferite nuove ferite che si spalancano incredule Sulla camicia di carne i rivoli di sangue cambiano colore Ma continuano a picchiare e ogni tanto con nuove torture cercano di gonfiare il dolore Le mani che mi tappavano il naso e la bocca le mordevo Ma adesso che una coperta mi avvolge la testa il cielo scende sui miei occhi colmo di stelle E sul mio petto crollano montagne sirene allucinanti fischiano nelle orecchie. Il corpo sussulta senza speranza per un po' d'aria Immerso nel sudore Per un po' d'aria Per un po' d'aria un po' d'aria soltanto... suoni e risate insulti miserabili e vili Ma perché? Palpano i coglioni dell'Incatenato Senza avere fretta... Mi spiegano cosa faranno senza avere fretta... Aprono cassetti ne estraggono aghi senza avere fretta... Qualcuno di loro (come sempre) mi... consiglia (recita la parte da buono) Ma ormai non lo ascolto neanche e così cominciano Mi infilano dentro l'uretra un ago (sottilissimo, di ferro) Brividi in tutto il corpo l'altro estremo dell'ago ora lo riscaldano... I lamenti le risate sommesse Le risate ascoltate le loro risate... Senza voce, stanchi, sudati incapaci di inventarsi altro Tutti insieme mi colpiscono gridando... Una macchina vicino muggisce e solo una voce umana s'ascolta nel tumulto Una radio Come impazziti mi percuotono con le mani e con i piedi Tutti insieme... Sui muri e sul pavimento si proiettano fiori di fuoco Fiamme di un altro mondo Ballano ritmi sfrenati tutto gira e presto si perde... Mi ritrovo in un'altra stanza piccolo il cambiamento le catene mi fanno ancora compagnia Le facce sfocate spine d'odio si piegano verso di me Cresce il tono delle loro voci E nuove facce con quelli Ma tutte uguali le espressioni E uguali le uniformi cos'è che si trova sul risvolto dell'uniforme qualche antico simbolo? Di Ippocrate Hanno dimenticato il giuramento.... Scene di vita Ombre nere scene che ho vissuto Ma quale ricordare per prima? La memoria dolore La solitudine? Dolore anch'essa Dolore compagno del dolore È la nostra vita Dicembre 1971 Panagulis al processo nel novembre del '68 PROMESSALe lacrime che dai nostri occhi vedrete sgorgare non crediatele mai segni di disperazione Promessa sono solamente Promessa di lotta Febbraio 1972 TUTTO E' MORTOe ciò che vedi agitarsi non lo credere vivo il vento trascina l'immondizia la fa muovere ma soltanto muovere non vivere Tutto quello che vedi agitarsi è morto Sono cose morte morte e ancora soffrono... IL TUO DESTINOIn ogni ieri l'insegnamento grido d'esortazione In ogni domani la visione sempre piena di promesse Oggi in ogni oggi la lotta Così sei andato avanti Così andrai avanti Questo è il tuo destino Pag 2 Pag 3 |